The road: un percorso compassionevole. Appunti sulle rovine del cinema della catastrofe – di Emilio Maggio
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Dal numero 5 di Liberazioni:
Questa tristezza, concernendo l’assenza di quel che amiamo, si chiama desiderio. (Baruch Spinoza)
È interessante notare come tra le recenti produzioni cinematografiche e le opere letterarie riconducibili al genere neo-apocalittico si stia costituendo l’idea di una teoria escatologica ispirata all’afflato compassionevole, dove il destino dell’uomo è legato indissolubilmente a quello del contesto in cui vive, animali
compresi.
The road, il film (regia di John Hillcoat, USA, 2009) tratto dall’omonimo best seller di Cormac McCarthy, rispecchia fedelmente questo assunto e, seppure lo si possa inserire nel sottogenere “virale” dei blockbuster neo- fantascientifici quali Io sono leggenda (regia di Frances Lawrence, USA 2007 – anche questo tratto da un romanzo di Richard Matheson), Codice Genesi (regia di Albert Hughes, USA 2010) e Carriers (regia di Alex Pastor e David Pastor, USA 2009 – inedito in Italia), se ne distanzia per lo spiccato monito etico suffragato da un ineccepibile rigore stilistico.
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