[pubblicazioni] Donne, ambiente e animali non-umani. Riflessioni bioetiche al femminile

Donne, ambiente e animali non-umani. Riflessioni bioetiche al femminile (LED edizioni) è una raccolta di testi a cura di Matteo Andreozzi, Carla Faralli e Adele Tiengo, uscita in questi giorni nelle librerie.

Pubblichiamo qui una presentazione del libro inviataci da uno dei curatori, Matteo Andreozzi.

 

Donne, ambiente e animali non-umani. 

Riflessioni bioetiche al femminile

A cura di Matteo Andreozzi, Carla Faralli e Adele Tiengo

Con una postfazione di Carol J. Adams

Saggi di Carol J. Adams, Matteo Andreozzi, Greta Gaard, Marti Kheel, Carolyn Merchant, Patrick D. Murphy, Val Plumwood, Deborah Slicer, Karen J. Warren

 

Spesso, quando mi sono trovato a illustrare o anche solo a menzionare la teoria ecofemminista, sia all’interno di corsi, lezioni e seminari di etica ambientale, sia durante convegni e dibattiti su questioni e problemi di morale interspecifica, ho visto tra i miei uditori molti volti perplessi – in alcuni casi anche dei sorrisi. Ho sempre faticato a comprendere cosa suscitasse una simile reazione. Forse tutto dipende dal modo (evidentemente inadeguato) in cui imposto il mio discorso. Forse appare semplicemente strano che a parlare di ecofemminismo sia proprio un uomo. Senza volere sovrastimare le mie capacità oratorie o sottostimare la mia mascolinità, credo tuttavia che ci siano (anche) altri fattori in gioco. Nel tempo ho infatti compreso che molte persone trovano di primo acchito insensata, o quantomeno forzata, la connessione tra questioni relative alla condizione femminile e agli studi di genere e i problemi inerenti lo sfruttamento dell’ambiente e degli animali non-umani. È però proprio all’interno della logica che sottostà a un simile preconcetto che si celano i motivi per i quali ha quanto mai senso parlare di ecofemminismo.

La stessa perplessità (o ironia) che suscita il termine ‘ecofemminismo’ è anzi una prima importante dimostrazione del fatto che la teoria ecofemminista ha effettivamente qualcosa di importante da dire. Sono infatti proprio le autrici che hanno contribuito a sviluppare questa corrente di pensiero a illustrare i motivi di tale reazione e a mostrare come essa rappresenti soltanto la punta dell’iceberg di una struttura logica ben più vasta e radicata all’interno della cultura occidentale. Tale struttura, nel proprio negare l’esistenza di alternative agli schemi di pensiero tradizionali, non solo impedisce di cogliere i parallelismi esistenti tra la questione femminile, quella ambientale e quella animale, ma cela anche i limiti che i paradigmi etici più diffusi dimostrano di possedere nell’affrontare disgiuntamente i problemi sollevati da queste stesse questioni. Nel fare ciò, tale struttura si dimostra non soltanto inefficace, ma anche ben poco ‘logica’, ed è proprio questo il motivo per cui essa, nelle sue molteplici sfaccettature, rappresenta il principale obiettivo polemico dell’ecofemminismo.

Sarebbe tuttavia scorretto ridurre l’etica ecofemminista a una semplice corrente di opposizione, le cui ragioni si fondano soltanto sull’irragionevolezza delle correnti avversarie. Essa non cerca infatti di demolire l’etica tradizionale: tenta piuttosto di colmarne le innumerevoli lacune. Il suo obiettivo non è dunque quello di rivoluzionare la morale, ma di pervenire a una morale che possa davvero dirsi rivoluzionaria, e non solamente pretendere di esserlo. È essenzialmente con questo obiettivo che l’etica femminista si mette in dialogo con l’etica ambientale: portare a compimento l’esigenza, sorta verso la fine del secolo scorso, di elaborare una morale intergenerazionale e interspecifica che non si limiti a gloriarsi del fatto di apparire, seppure utopica, logicamente supportabile, ma che sia effettivamente praticabile, e quindi anche tutt’altro che irraggiungibile.

È con lo scopo di fornire un quadro il più esaustivo possibile del dibattito che si situa all’interno di queste coordinate che sono stati selezionati i saggi tradotti e raccolti in questo volume. Ciò che con questo testo si spera di dimostrare è che, nonostante sia stato alle volte ingiustamente accusato di volere semplicemente ribaltare il ‘-centrismo’ dall’uomo (androcentrismo) alla donna (ginocentrismo), l’ecofemminismo è in realtà una teoria tutt’altro che utopica ed estremamente efficace. L’ecofemminismo, nel proprio promuovere l’instaurazione di una società, ispirata a valori di solidarietà tra tutte le creature umane e non-umane, di giustizia etica e sociale, di rispetto dell’ambiente e di coesistenza pacifica, si rivela infatti un’interessante impostazione per analizzare svariate tipologie di problemi normativi che spaziano dalle questioni di giustizia socio-ambientale e interspecifica a quelle di genere e di disuguaglianza. Il suo obiettivo, in ogni caso, è quello di superare i dualismi culturali discriminatori preservando le diversità, senza cadere nell’errore di esaltare il femminile, in quanto presuntuosamente concepito come più vicino alla natura, o demonizzare il maschile, in quanto fondamento della cultura. Le autrici ecofemministe, infatti, oltre ad affrontare tematiche legate agli studi di genere, sono anche sempre in dialogo con quella che è la peculiarità fondativa della corrente: una riflessione che si snoda in direzione dell’ambiente e degli animali non-umani cercando un costante confronto con ciò che nel suo complesso è la natura umana. Se, come spero, i testi contenuti in questo volume porteranno i lettori ad avere una maggiore consapevolezza del ruolo essenziale che certe relazioni contestuali giocano nel costituire la nostra stessa identità di esseri umani, allora ci sarà presto anche ben poco da essere perplessi nel sentire sempre più spesso parlare di ecofemminismo come di un paradigma teorico particolarmente adatto a regolare una vasta pluralità di rapporti (tra uomini e donne, tra società e ambiente, tra umanità e animali non-umani, ecc.).

Non vi è infatti nulla di illogico in un’etica che si dimostra capace di accostare tra loro questione femminile, ambientale e animale, e di affrontare queste congiuntamente. Né tantomeno è utopico pensare di potere, un giorno, vivere in un mondo che sia gradualmente sempre più simile al modo in cui vorremmo che fosse. Uomini e donne sono parimenti parte di un mondo in cui natura e cultura sono poste in un rapporto di continuità, e non di alienazione reciproca. Illogico, semmai, è pensare il contrario. Utopico, invece, è sperare di cambiare le cose continuando a sorridere o a rimanere perplessi nel sentire parlare di ecofemminismo.

 

Matteo Andreozzi


 



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