Desiderare l’impossibile. Un’intervista con Judith Butler

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Fonte: Lavoroculturale.org

La seguente intervista con Judith Butler sul conflitto israelo-palestinese e sul suo ultimo lavoro Parting Ways: Jewishness and the Critique of Zionism (trad. it. Strade che divergono. Ebraicità e critica del sionismo, Raffaello Cortina 2013) è apparsa su www.opendemocracy.net il 23 luglio 2013. La traduzione italiana, a cura di Nicola Perugini e Federico Zappino, è stata pubblicata qui.

Ormai Judith Butler si è abituata a ricevere le accuse più improbabili. Di recente è stata definita un’idiota utile alla causa dell’antisemitismo, una sostenitrice del terrorismo internazionale e – classico sempre attuale – un’ebrea che odia se stessa.

È tuttavia insolito che una filosofa poststrutturalista possa essere la destinataria di accuse di questo tipo. Lo è meno, però, se si considera la speciale reputazione che Butler, che insegna Letteratura e Teoria critica presso il Dipartimento di Letterature comparate dell’Università della California, a Berkeley, si è guadagnata negli anni. I suoi lavori sui conflitti, sul genere e sullo Stato-nazione hanno infatti radicalmente trasformato il modo in cui pensiamo la società.

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